Rufus volpe di città: quello che un fumetto può fare

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Che cosa può fare e dire un fumetto? Molto, anche di non detto! Vi raccontiamo della nuova “prima graphic” danese Rufus volpe di città, che condensa in poche pagine alcune caratteristiche fondamentali del fumetto.

Rufus volpe di città

Rufus volpe di città è un libro che viene dalla Danimarca e che è il risultato della collaborazione di tre diversi autori: Hermann Ditte, Torbjørn Petersen e Mårdøn Smet.

Mårdøn  Smet è un fumettista e animatore piuttosto esperto. Thorbjøn Petersen e Thomas Vium (che si nasconde dietro lo pseudonimo collettivo di Herman Ditte, ma questa è un’altra storia…) si sono trovati a svolgere insieme un tirocinio nello studio di Mårdøn. Ragionando sulle varie possibilità, hanno deciso di provare a costruire un libro insieme. Ci avrebbero dovuto impiegare tre mesi: in realtà Rufus è il risultato di due anni di lavoro e ragionamenti vari, sullo stile, il colore, i personaggi.

Come spesso accade, è un libro di cui ci siamo innamorati abbastanza a prima vista, per le immagini bellissime che denotano uno stile grafico originale e riconoscibile, pieno di particolari ma arioso, complesso e agile nello stesso tempo. Ma quando abbiamo ricevuto la traduzione di Claudia Valeria Letizia, Rufus ha mostrato nuovi e imprevedibili percorsi, dei quali non ci eravamo accorti, nonostante conoscessimo la storia, seppur mediata dall’inglese.

La storia è quella di Rufus, una volpe di città appunto, che è abitudinario, gentile, riflessivo, ma che, specialmente di notte, con sogni piuttosto movimentati, scopre di avere dentro di sé una strana voglia di evasione. E si ritrova, proprio di notte, da solo, in un bosco fuori città.

Guardare in giro

Rufus è un libro che riesce a condensare in poche pagine alcune caratteristiche fondamentali del fumetto. Riesce cioè a dare spazio a particolari, sensazioni ed emozioni senza dichiararle esplicitamente, senza imporre la loro presenza nella storia, ma suggerendole solo con i disegni.

In questo modo, è il lettore che decide in completa autonomia quanto spazio e quanta importanza dare a determinati particolari. Il libro offre una serie di elementi visivi che influiscono in modo sostanziale sulla lettura: quegli elementi, nel corso delle pagine, possono essere del tutto accessori, sorta di pause o divagazioni rispetto al racconto principale che viene espresso con disegni e parole; ma, d’altra parte possono anche essere fondamentali per la comprensione del contenuto e del significato della storia. E questa è la caratteristica più divertente di tutti quei libri che danno all’immagine un ruolo sostanziale nella veicolazione del messaggio: che tempi, modalità, senso della lettura delle immagini non sono guidati lungo binari fissi, come accade nella lettura del testo, ma sono nascosti dentro “luoghi” in cui l’occhio del lettore può fare sostanzialmente quello che gli pare.

Attenzione alle pagine di pausa

Rufus racconta una storia semplice, ambientata in un autunno colorato, ventoso, piovoso (e non a caso le tazze di tè con due zollette di zucchero e le poltrone comode hanno un ruolo): ma racconta anche un’altra storia più complicata e lunga, senza davvero raccontarla, ma dando al lettore indizi importanti per continuare la sua storia da solo. In un libro così, facile e meditato, perfino le sguardie (cioè le pagine sul retro della copertina che di solito hanno una mera funzione decorativa o di pausa) nascondono sorprese davvero sbalorditive (e molto divertenti). Guardare per credere!

Qui vi proponiamo la sguardia iniziale. Sulla sguardia finale (che non vi mostriamo per non rovinare la sorpresa) scopriamo un sacco di cose su Rufus… davvero un sacco di cose!

Bianchi spaziali

Allo stesso modo, il nostro adoratissimo Il postino spaziale di Guillaume Perreault è un libro che racconta una storia super semplice, lineare, senza cattivi né colpi di scena improvvisi, ma che dà ai suoi lettori e lettrici, anche grazie a un uso sapiente degli spazi bianchi, delle pause, del tempo che occorre per sfogliare una pagina, la possibilità di muovere gli occhi e di osservare con piacere gli orizzonti infiniti dei viaggi spaziali, o di scoprire particolari interessanti… e magari comprendere che tutto sommato è meglio lanciarsi nelle avventure, piuttosto che stare nel quotidiano tran-tran (nei libri eh!).